Una terra dai mille sapori, semplici e veri come la sua gente

Il modo più immediato per conoscere un popolo è spesso quello di avvicinarsi alle tradizioni gastronomiche.

Esse raccontano attraverso i prodotti la vocazione contadina, quella pastorale o marinara di un luogo.

Nel Sud Sardegna, attraverso le attività agricole della fertile pianura del Campidano, l’allevamento degli ovini nell’entroterra montuoso e la pesca praticata nelle aree costiere, le tre culture gastronomiche, pur distinte da netti confini geografici e sociali, sono spesso entrate in contatto fondendo le rispettive peculiarità con eccellenti risultati.

I cibi della tradizione

Il pane sempre protagonista subisce trasformazioni : raffermo è usato per i suppas; grandi fette immerse nell’acqua bollente, vengono scolate e condite con sugo di pomodoro e formaggio pecorino. Il pane immerso nel brodo di carne e condito con formaggi pecorini freschi, talvolta aciduli, dava origine, messo al forno, a sa suppa cotta.

La pasta più comune è prodotta con farine o semole di grano duro: con lavorazione simile a quella del Kuskus si ottiene sa frégula, palline che vengono passate in forno e usate per la preparazione di minestre o, condita con sugo e formaggio, della frégula incasada,. Nell’isola sulcitana di San Pietro con la stessa lavorazione si prepara il cascà, molto più vicino per tradizione alla quasi omonima pietanza araba.

Con tocchetti di pasta di semola passati su un canestro di giunchi sottili si ottengono i malloreddus, piccoli gnocchi che nella vasta rea del Campidano si condiscono con sugo preparato con la salsiccia fresca e il finocchietto selvatico; i culungionis sono invece ravioli ripieni di formaggio, ricotta o altro che vengono conditi con ragù e pecorino; le panadas sono torte di pasta e strutto ripiene di carne, verdure, anguille.

I secondi piatti nel Sud Sardegna prediligono l’uso della carne, sebbene il pesce, negli ultimi anni, abbia trovato posto sulla tavola dei sardi anche nelle zone non legate ad attività di pesca.

La carne generalmente viene cucinata arrosto: capretti, agnelli, maialetti da latte, ma anche vitelli e agnelloni, non dimenticando la selvaggina, sono i protagonisti della cucina sarda. La cottura di solito è lunga e il fuoco deve essere sapientemente alimentato e controllato perché la cottura avvenga lentamente. Un uso esteso a tutta la Sardegna è sa stiddiadura, cioè l’uso di un pezzo di lardo per far cadere sulla carne gocce bollenti di grasso tese ad insaporire e rendere più dorato l’arrosto.

Nelle zone di mare il pesce è, comunque, abbondantemente utilizzato sin dall’antichità, pur non eleggendo specie pregiate. Uno dei piatti tipici di Cagliari è infatti sa burrida , preparata con gattucci di mare spellati e marinati nell’aceto con aggiunta d’aglio e noci macinate. Scorfani, capponi, capitoni, polpi, calamari, cozze sono invece alcuni dei prodotti ittici usati per preparare sa cassola. Zuppa dal gusto straordinario perché impiega solo pesci freschissimi , ha varianti a seconda della località in cui viene preparata.

La bottarga , uova di muggine o tonno è un altro importante prodotto del mare: si può mangiare tagliata a fette sottili imbevute nell’olio di oliva o grattugiata sugli spaghetti con aggiunta di olio e aglio. In passato era molto comune l’uso del pesce affumicato.

Contorni ideali per accompagnare questi pasti sono i carciofi con spine e senza dal gusto intenso, i pomodori, i cardi agresti di vari tipi, gli asparagi selvatici , le fave, i funghi. Tra gli aromi per insaporire le pietanze un posto d’onore spetta allo zafferano, al mirto, all’alloro e al finocchietto.

Il Pane. Cibo per eccellenza.

Il rituale, le forme, la differenziazione tipologica all’interno del territorio lo eleggono elemento indispensabile della gastronomia sarda. Ne sono state censite in Sardegna oltre 400 varietà diverse, legate alle attività produttive di ciascuna zona, alle classi sociali che lo producono, all’occasione che ne determina la forma e il tipo. Esiste quindi un pane quotidiano, un pane della festa, un pane per ricordare i morti, un pane per celebrare la Pasqua.

Seguiamone il percorso:

I forni del pane

Il forno di cottura è curato in ogni particolare. Viene costruito con terra argillosa e foderato con materia refrattaria. È’ normalmente a cupola o a “palla”, con la bocca piccola; si alimenta con sterpi leggeri , ben secchi, molto spesso provenienti da mondature delle vigne. La “pulizia” del forno prima dell’introduzione del prezioso alimento è fatta con l’uso di scope approntate con erbe aromatiche che gli conferiscono aromi intensi per dare al pane una fragranza specifica. E’ soprattutto il cisto, presente nella vegetazione a macchia mediterranea, l’arbusto impiegato per le scope.
Le donne osservavano la cottura grazie all’uso di uno specchio che rivelava il contenuto del forno.

Differenze formali e tipologiche

Il pane in Sardegna è arte. Le donne nella produzione di questo alimento usano la loro fantasia che lega la forma all’uso. Il pane quotidiano ha forma funzionale: nel sud vengono prodotti pani di grossa pezzatura, ben lievitati, dalla crosta spessa. Questo pane prende il nome di civraxiu (dal latino cibarium , quasi fosse il cibo per eccellenza). Si conserva in appositi canestri coperti da più teli per conservarlo soffice a distanza di giorni. Da questo pane di base nelle varie subregioni del Sud Sardegna abbiamo caratterizzazioni particolari: in Trexenta sa ladixedda, piccole, rotonde e schiacciate; nel medio Campidano su cocorreddu, triangolare, piatta e liscia; in Marmilla sa costedda, una vera e propria ciambella.
Il pane delle feste è più elaborato: pani fini, che utilizzano il fior di farina o di semola, vengono sapientemente creati in piccole pezzature che riproducono animali, fiori, forme di fantasia. E’ il caso di su pani ciuettu (Sinnai, Marcalagonis, Selargius) che con queste singolari evoluzioni prende il nome di coccoi. Per i matrimoni i piccoli coccoi, bianchissimi vengono ravvivati con motivo a piccoli punti di colore rosso grazie allo zafferano; per le feste natalizie l’impasto del pane si mescola alla nera sapa, alle mandorle e all’uva passa per dar vita a su pani de saba; a Pasqua il pane prende forme giocose e incastona uova decorate.

Il pane simbolico

Le forme del pane risvegliano arcaiche usanze. Le forme circolari, la decorazione con cerchielli, i motivi antropomorfi , zoomorfi e fitomorfi nascono dalle mani delle donne che in maniera inconsapevole ripetono da sempre i gesti plastici delle genti primitive, nuragiche, romane.
Ma è il rito in se stesso che affascina: fare il pane è il perpetuarsi costante della fatica quotidiana. L’operosità di un popolo che distingue i ruoli e le mansioni: la cura che gli uomini apportano nel lavoro dei campi , le donne la spendono nella produzione del pane.

L’atto

Il grano stesso a dimostrazione di questo lavoro prende il nome in alcuni luoghi di lori o laòre (lavoro). E il pane è anche figlio: il pane si pésada (si alleva) e si benedice, segnandolo con la croce, prima di cuocerlo.

Museo del pane
Ospitato all’interno della dimora Storica e Ristorante Convento San Giuseppe. Su prenotazione visite e degustazioni di varie tipologie di pane.
Per informazioni:
tel. +39 070 503343

Dal blu del mare, i sapori più intensi della cucina sarda

Nei ristoranti della costa è difficile scegliere dal menù, vista l’abbondanza di prelibatezze che vengono usualmente proposte: la burrida (gattucci di mare lasciati macerare in salsa di noci e aceto); gli spaghetti ai ricci o alla bottarga; il musciame (filetto)di tonno; la capunnadda (insalata carlofortina di pane secco, pomodori e tonno), sa fregula con cocciula (una minestra di arselle con una minuscola pasta fatta a mano simile ad un grossolano cus cus).

Si attinge dalla tradizione, sia per proporre i grandi piatti classici di mare che nuove ricette, con prodotti sempre freschi, di stagione e scelti tra le produzioni locali.

La sapiente mano dell’uomo e il clima: ecco la ricetta per produrre grandi vini

Non vi è area in Sardegna dalla quale sia esclusa la viticoltura.

La personalità forte dei vini sardi è legata al clima, alle caratteristiche del suolo e alla cura che l’uomo pone nella selezione dei vitigni, soprattutto quelli locali.

Il Sud Sardegna, soleggiato e accarezzato da costanti brezze marine ha numerose produzioni d’eccellenza tra le quali spiccano eleganti vini doc da dessert (malvasia e girò, moscato e nasco), il bianco autoctono nuragus e i rossi monica e carignano del sulcis.

Praticata in molte zone ancora con mezzi e metodi tradizionali la produzione vinicola ha raggiunto negli ultimi decenni punte di pregevolezza che hanno valso riconoscimenti anche anche in ambito internazionale.

I vini del Sud

Monica: la tesi più avvalorata riconduce l’origine di questo vino all’arrivo intorno al IX secolo dei Monaci Camaldolesi in Sardegna. Dalle coltivazioni di viti intorno ai conventi trarrebbe origine anche il nome. Il Monica di Cagliari, di colore rosso rubino, tenue, tendente all’arancione con l’invecchiamento, di odore intenso, fragrante e floreale, di gusto secco, poco tannico, molto caldo, pieno e morbido e gradazione intorno ai 14.5°. si sposa con cibi secchi, grandi piatti di selvaggina e formaggi piccanti.

Nasco: il suo nome potrebbe derivare dal latino MUSCUS da cui la voce dialettale Nuscu e poi Nascu. Sicuramente i romani con questo nome riferirsi ad un uva del luogo. La sua coltivazione ebbe diffusione in tutto il Campidano. Il disciplinare DOC ha stabilito la modalità di produzione: gradazione alcolica non inferiore ai 14°, invecchiamento di due anni per la produzione normale, almeno di 3 per la superiore. E’ vino secco vellutato, di gran pregio, colore giallo dorato ambrato, profumo delicato con sfumature di fiore di mandorlo e con sapore fino, sottile, caldo con leggero retrogusto di mandorle amare. E’ vino da dessert che si accompagna con dolci di mandorle ma ottimo anche come aperitivo accostato alla bottarga.

Nuragus: è certo che si tratti del vino più antico prodotto nell’isola, introdotto con probabilità dai fondatori fenici della città di Nora da cui il nome stesso del vino. Questa ipotesi è avvalorata oltre che dal nome anche dall’areale di coltivazione, nella pianura retrostante all’approdo. Vino Doc, dal colore paglierino tenue , con riflessi verdolini; ha un profumo delicato e lieve con sentori di fruttato e un sapore asciutto e fresco leggermente acidulo, armonico, gradevole con tenue gradazione alcolica. E’ eccellente vino da pesce , fresco è piacevolissimo aperitivo.

Carignano del Sulcis: di origine incerta (non si è stabilito se sia arrivato con i fenici e i cartaginesi o con gli spagnoli) ha trovato nel Sulcis la sua terra d’elezione. E’ un vino DOC di colore rosso rubino intenso, con odore fragrante, un gusto secco, sapido, giustamente tannico, caldo di medio corpo e con gradazione alcolica minima complessiva di 11.5°. Si sposa ai primi piatti, alle carni grigliate, agli insaccati e ai formaggi maturi.

Menu